Stregoneria bresciana

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view post Posted on 11/3/2009, 17:24
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Nomade Figlio del Vento Stellare

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A CAVALLO DI UNA SCOPA



Dopo una piacevole ed interessante passeggiata nel bosco di Nave (Muratello), è nata in noi la curiosità di conoscere quali fossero in tempi lontani, le leggende ed i miti legati al bosco ed in modo particolare al territorio bresciano.
E' stato sorprendente scoprire l'abbinamento bosco - "zuogo" ( gioco) bosco - sabba perciò bosco - maligno ed incontrare la figura di Benvegnuda Pincinella, la "Strega di Nave" che sarà una delle prime vittime dell'inquisizione bresciana.
Sappiamo che la caccia alle streghe, è stato un fatto non solo di portata europea, ma addirittura mondiale, dovuto all'ignoranza ed alla superstizione popolare; bastava, infatti, essere vecchia e sola o troppo bella e povera per rischiare di essere accusata di stregoneria.
Fortunatamente, la terra di Brescia ne fu interessata solo marginalmente, ma questo non bastò ad impedire che nel 1560 fossero bruciate sul rogo, nei territori di Pisogne e di Edolo, più di 60 persone con l'accusa di stregoneria e patti col maligno.
I Bresciani ponevano il luogo di ritrovo delle streghe sul monte Tonale, oppure in un bosco nei pressi di Gardone V.T., dove, secondo la leggenda, si sarebbero ritrovate nei giorni delle quattro tempora dell'anno per celebrare i loro riti satanici in compagnia del demonio, solitamente rappresentato come un caprone. Una caverna-rifugio di streghe sarebbe esistita a Marmentino, ai piedi del Monte Castello della Pena detto anche Corna della Stria.
La leggenda narra anche che passavano i loro giorni in questa caverna e uscivano soltanto il sabato notte, per recarsi in Gaver con le loro sorelle.
Queste leggendarie streghe non volavano sopra una scopa, ma facevano passi talmente lunghi che con uno solo di questi arrivavano da Marmentino a Barbaine e da Barbaine ad Avenone.
Si dice che a Odeno, nel 1438, con un solo turbine incendiarono il paese, e la stessa sorte sarebbe toccata nel 1838 a diciottomila abeti in Valle Scura.


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L'INQUISIZIONE


L'Inquisizione nasce tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII, quando la Chiesa, per reprimere l'eresia, ritiene insufficienti sia i mezzi ordinari sia l'autorità dei vescovi e nomina propri delegati con l'incarico di ricercare gli eretici.
Durante il '300 i tribunali dell'inquisizione si diffondono in tutta l'Europa e sono affidati, in un primo tempo, ai domenicani e, successivamente, ai frati minori.
Il grande scontro tra Europa cattolica ed Europa protestante avvenne all'incirca tra il 1550 ed il 1650 e produsse un fenomeno che, per la sua tragicità, divenne il simbolo di un'epoca caratterizzata dall'esplodere dell'intolleranza. Questo fenomeno è passato alla storia col nome di "caccia alle streghe".
Nei secoli precedenti erano stati accesi molti roghi, ma la stragrande maggioranza delle vittime era costituita da eretici ed ebrei. Infatti, durante il medioevo le donne condannate per stregoneria erano una minoranza rispetto a quelle morte tra le fiamme nel periodo compreso tra il '500 ed il '600.

LA TORTURA

Diversi erano i mezzi cui si ricorreva per favorire la confessione degli imputati. Diversi erano gli strumenti usati per la tortura: fruste, pinze per estrarre le unghie, aculei metallici e martelli di varie fogge, la maschera di ferro, il cavalletto, il palo, la pera (strumento che, introdotto nella bocca della vittima, provocava il divaricamento delle mascelle ad un punto tale che la stessa possibilità di gridare ne risultava impedita). Veniva spesso usata anche "l'altalena", una gabbia attaccata ad un braccio mobile, sospesa sopra un lago o un fiume, che si faceva discendere, con il suo occupante, nell'acqua a più riprese fino a quando non sopraggiungeva la morte.
Nei processi contro le streghe, il comportamento dell'accusata sottoposta a tortura era determinante ai fini della condanna sul rogo. Se non resisteva al dolore e confessava, o se resisteva, facendo presumere con ciò che avesse fatto un patto con il diavolo, veniva sottoposta alla pena "purificatrice" del rogo.
Lunga sarebbe la lista degli altri odiosi strumenti manipolati ed utilizzati da persone il cui compito avrebbe dovuto essere quello di diffondere l'amore nel mondo.


PERCHE' TANTE STREGHE E COSI' POCHI STREGONI?

"……Perché tra il sesso così fragile delle donne si trovano più streghe che tra gli uomini?
Il primo motivo è che sono molto più credulone; e poiché il demonio cerca soprattutto di corrompere la fede, egli le attacca per prime.
La seconda ragione è che le donne sono impressionabili per natura. Per cui accade che quando esse fanno buon uso di questa loro abitudine sono buonissime; in caso contrario sono pessime.
Infine la terza causa è che esse hanno una lingua pettegola e tutto ciò che apprendono nelle arti magiche, lo possono a stento tenere nascosto alle loro amiche e compagne; e dal momento poi che sono deboli per natura, cercano un mezzo di vendetta più facile e segreto per mezzo di malefici.
In quanto all'intelligenza e alla comprensione delle cose spirituali, esse sembrano appartenere a una natura diversa da quella degli uomini: è un dato comprovato dall'autorità e dalla ragione e che trova molti esempi nella Sacra Scrittura.
Nello stesso modo in cui, a causa del loro primo difetto, quello dell'intelligenza, sono portate a rinnegare la fede con più facilità, così, a causa del secondo, cioè il disordine degli affetti e delle passioni, le donne cercano, escogitano e infliggono i più diversi tipi di vendette, sia per mezzo di malefici, sia con ogni altro mezzo.
Per cui non è affatto stupefacente che esistano tante streghe fra le donne."

Kràmer-Sprenger, Martello delle streghe, 1487.


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L'INQUISIZIONE A BRESCIA

Il centro dell’attività inquisitoria, si trovava nella parte sud della città. I domenicani giunsero a Brescia durante il periodo eretico del 1220. Il convento di S. Domenico sorto tra il 1234 e il 1249, ospitava il luogo dell’inquisizione. Dal cronista Jacopo Melga, si apprende che i balconi delle celle degli inquisitori guardavano a ovest, sull’attuale via Gramsci. Brescia, originariamente era una provincia religiosamente corrotta e infetta e manterrà un cristianesimo profondo forse per la martellante azione inquisitoria di cui fu oggetto. Brescia, proprio per le lotte di religione che la sconvolgono, è una delle prime città a recepire le leggi speciali di Federico II contro l'eresia. Il primo tribunale ecclesiastico entra in funzione nel 1277, ma fino al XIV sec. la chiesa presta poca attenzione alla magia e alla stregoneria. Successivamente, nel sec. XV l’Inquisizione entrerà in “corto circuito” provocando centinaia di vittime.
Il Quattrocento bresciano è pieno d’infamie: lussuria diabolica, tradimento dei principi ideali e il comune di Brescia interviene ripetutamente con delibere a carattere moralizzatore: si scaglia contro la pompa eccessiva, abolisce le giostre di cavalli ed asini, sopprime la corsa delle prostitute che si teneva regolarmente il giorno dell’Assunta, persegue penalmente i bestemmiatori, i giocatori d’azzardo.
In questo clima torbido, giunge in città, nel 1454 fra’ Giacomo de Petris, teologo, bresciano di nascita. Uomo testardo e intransigente, sguinzaglia per la città i suoi ufficiali e dopo qualche settimana ha pronto un lungo elenco di nomi: uomini e donne per i quali chiede l’esecuzione capitale a spese dell’ente municipale.
Il comune rifiuta il ruolo subordinato d’esecutore e risponde negativamente. La divisione fra gli ecclesiastici e il mondo laico si fa più profonda e il governo locale aveva tentato di assumere un ruolo centrale nella gestione dell’apparato religioso bresciano.
Il 24 maggio 1455 dodici consiglieri vengono delegati alla redazione di un piano di moralizzazione dei conventi. La com-missione inizia a tirare bastonate fra i religiosi corrotti. Procede nei confronti del priore degli Umiliati di Gambara, chiede l’adozione di severe misure repressive per i dissoluti frati del Carmine, raddrizza i questuanti di S. Antonio Abate. Nell’età comunale il Broletto (palazzo comunale) era accostato al Duomo; con l’avvento della Serenissima ecco la realizzazione di una nuova piazza, quella della Loggia, con una nuova sede municipale.
L’11 Gennaio 1458, viene raggiunto un accordo tra inquisitore e Comune. Il popolo deve partecipare coralmente allo spettacolo del rogo, apoteosi del riavvicinamento dei due poteri. Le tensioni fra i domenicani e governo si erano allentate quando era stato dato il placet all’esecuzione di due streghe, Chiarina e Guielma, decapitate e bruciate in piazza davanti a migliaia di bresciani, così, fra il 1457 e il 1458 lo zelo religioso del frate aveva stipato di prigionieri le carceri cittadine.
Nel disorientamento generale vi è timore che il diavolo e le streghe si annidino in ogni angolo e una serie di episodi inquietanti che caratterizzino la fine del XV sec., inducono i bresciani a pensare ad un disegno diabolico che vuole annientare il mondo. Il dramma nasce dal clima di generalizzato sospetto.
Si scoprono così preti stregoni, mogli – strega, figli votati al demonio, il clima di incertezza è testimoniato anche dall’introduzione dei segni infamanti per far fonte alla confusione dei ruoli e alla progressiva e decisa avanzata della società del male, la popolazione sarà contrassegnata da indicatori sociali. Ebrei, pro-stitute, eretici e sospette streghe dovranno infatti indossare un segno della loro abominevole condizione.
Le meretrici dal 1476 sono obbligate a portare sulle vesti una striscia gialla, colore infamante, con frange rosse e a starsene recluse nel vecchio bordello della curia dei Fabii. Tre anni dopo,
il provvedimento viene esteso agli ebrei che, pubblicamente, devono indossare un abito con la cifra “0”, ottenuta con l’uso di una fettuccia gialla, larga un dito. Eretici e streghe presunte dovranno portare, davanti alla chiesa parrocchiale, una pazienza, vestito di foggia ecclesiastica, senza maniche e aperto lateralmente.
Il maggior cacciatore di streghe che abbia operato nel Bresciano è Antonio Petoselli, Provinciale di Lombardia dell’Ordine dei Predicatori. E’ il personaggio più deciso e implacabile. Lega il suo nome alla grande crociate del 1486, condotta contro le conventicole della Valcamonica e al poderoso braccio di ferro fra il tribunale dell’Inquisizione di Brescia e la Repubblica Serenissima.
La prima vittima di Antonio Petoselli è Maria la Medica. È il 1480. La donna è d’origine vicentina, ma da anni risiede a Calcinato. Maria, e lo indica inequivocabilmente il soprannome, esercita il mestiere di guaritrice. La lettura della sentenza avviene in maniera plateale. In una piazza di Brescia, l’inquisitore mostra la strega alla folla, prima di farla segregare per sempre nel carcere - torre della Pallata, luogo di prigionia delle donne. Maria Medica ha ammesso di essere stata ininterrottamente al zuogo dal 1466. Si è recata al prato delle delizie tre volte alla settimana "eleggendo Satana come suo Dio". L’attività veniva svolta in una spelonca, sotto la guida di un certo Lucibello. Maria, a giudicare da quanto il cancelliere annota, ha rinnovato molto frequentemente il patto sa-tanico, immolando sull’altare un cane, un gatto, una gallina, un’anima cristiana.
Frate Antonio procede con molta sistematicità nella ricerca delle streghe: predispone elenchi di persone sospette, raccoglie informazioni da parroci e religiosi, valuta le voci della piazza.
In particolare l'azione di controllo sarà esercitata sul mondo dei pregiudicati per eresia e pratiche magiche, dato che l'esperienza insegnata che i casi di recidivi erano numerosissimi.
La repressione stregonesca nel bresciano ha avuto molti riflessi folcloristici. Dossi e spelonche delle streghe sono diffusi in tutta la provincia, infatti vi sono località denominate diavolo nelle contrade isolate di Collio, Ono S. Pietro, Visano, Schilpario. Inoltre, la tradizione popolare continuò per molto tempo a mettere in relazione le tempeste e i vari fenomeni atmosferici con l'azione diabolica.
Nel territorio bresciano si può individuare una linea netta di demarcazione tematica per le narrazioni delle zone montane e quelle di pianura.
In montagna, dove la repressione fu forte, il repertorio è più troculento ed oscuro rispetto alla pianura dove l'intimidazione fu meno pesante.


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LE FATE DI DUPPO

In un castello abitato da fate era un tempo situato in quella che oggi viene chiamata "La caverna delle sette stanze" posta nella valle di Duppo tra Casto ed Alone.
Si racconta infatti che abitassero sette fate che abbellivano la loro dimora tingendo di zaffiro i tramonti e colorando i castagni di oro fino.
Gli abitanti del luogo erano incantati da questa fate e vivevano quasi completamente in contemplazione di questa meraviglie.
Un brutto giorno ,però ,alcuni uomini egoisti entrarono nel castello delle fate e, a colpi di piccone asportarono quarzi e smeraldi per adornare le loro abitazioni.
Le fate fuggirono spaventate, mentre un terremoto di enormi proporzioni sconvolse il paesaggio circostante.
Grossi macigni precipitarono a valle costituendo alti e solitari picchi.
Tutto ciò avvenne sotto gli occhi di montanari che, tristissimi, videro scomparire di colpo il loro meraviglioso mondo incantato.


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IL BOSCO E IL MITO

Tutte le creature che appaiono nelle leggende sul bosco, si rifanno, il più delle volte agli dei e alle Divinità Maligne preesistenti nella mitologia classica. Esempio principale può essere il Dio Pan ritenuto il capo delle streghe nel Medio Evo. È rappresentato come un uomo con le gambe di caprone, motivo per cui le streghe vengono descritte con gambe caprine. Inoltre suonava un corno con cui si pensa chiamasse a raduno le streghe. Il Dio Bacco, poiché re del vino, veniva ritenuto il padrone del divertimento e dell’ubriachezza. Anche semplici Numi, che erano incaricati di spegnere i lam-pioni, venivano immaginati come creature notturne che avevano stipulato patti con il male e si diceva andassero in giro di notte ad offrire doni alle tenebre.

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IL MOSTRO DI VAL DI LANA

Si narra che nei pressi della Valle della Lana (valletta che si dirama dalla Valle di Inizio e va a concludersi sotto le pendici del Monte Guglielmo) in località Colon, in una grotta posta sotto la cascina ivi presente, vivesse un personaggio piuttosto particolare ed enigmatico. Infatti , oltre ad avere un carattere estremamente scorbutico, fisicamente non aveva niente di invidiabile, dato che la fantasia popolare lo rappresentava con due gambe di capra intento, durante la notte, a balzare fuori dal suo antro per spaventare, con urla agghiaccianti, il povero viandante che, per sfortuna, transitava nei pressi della sua dimora.
Fantasia o realtà?
Essendo partiti dal presupposto che, come tutto il resto del nord Italia, anche la nostra provincia ha subito la dominazione dell’Impero Romano (basti pensare alle antiche origini della chiesa parrocchiale di Inzino la quale risulta essere stata un tempio pagano dedicato ad una non ben definita divinità chiamata Tillino),ci è parso necessario indagare sul tipo di cultura importata dai romani.
Frutti delle nostre ricerche ci conducono ad una persona molto simile al nostro "mostro".
Figlio di Ermes e della ninfa Driope, era rappresentato come un suonatore di flauto che aveva zampe e corna caprine: rappresentava la natura nel suo insieme. Il suo nome era Pan ed il suo corrispondente potrebbe essere il satiro. Da lui si credeva derivassero i rumori paurosi che si odono nel silenzio della campagna; da qui il significato della parola panico (=timore, terrore).
Comunque a chi, durante la stagione estiva, non avesse paura delle ortiche, consigliamo la visita alla grotta tuttora esistente nella quale si possono notare delle pietre poste a guisa di arredo della spelonca come se fosse stata, in tempi passati, realmente abitata.
Pastori o mostri?…la risposta la lasciamo a voi.


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LE STREGHE DEL TONALE


Nel XVI sec., in un'epoca densa di storia, di papi e di eresie, nume- rosi scritti oggi ritrovati riportano le tristi e numerose vicende di stregonerie, che ebbero come vittime designate le donne. Quelle pagine costituiscono la macabra testimonianza di un'era in cui credenze pseudoreligiose miste a paura e ignoranza causarono innumerevoli morti. Uno scrittore del 1518 scriveva di un gruppo di streghe che avevano eletto il monte Tonale a dimora preferita per i loro riti satanici. Carlo Miani narra di giovani donne che, istigate dalle stesse madri, dopo aver tracciato in terra una croce, vi sputavano sopra e la calpestavano pronunciando orribili parole. Quindi, compariva loro il cavallo del demonio su cui montavano in sella per essere condotte sulla vetta del Tonale, dove partecipavano a sontuosi banchetti.
In cambio del loro disprezzo verso la croce esse ottenevano bellezza e giovinezza, doni certo preziosi per chi non considerava il valore della propria anima.


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BENVEGNUDA PINCINELLA DI NAVE

Correva l’anno 1518. In una torrida giornata di luglio, Benvegnuda espiava definitivamente il peccato stregonesco a 60 anni. Senza scope magiche e gatti diabolici, con il contatto di un ruvido saio sulla pelle Benvegnuda giungeva in P.zza Loggia a Brescia. Zulian, il suo diavolo custode, l’aveva definitivamente abbandonata. La pila di legna era stata preparata ai piedi della colonna, dove era appollaiato il leone di S. Marco.
Pincinella era una donna stravagante, andava a passeggio di notte con le amiche e praticava con successo l’arte magica.
Pietro Albanese, cavaliere ufficiale della 5^ croce aveva il compito di catturare Benvegnuda. Era il 24 giugno 1518; il giorno precedente in Val Camonica, furono state portate al rogo 8 persone. L’ufficiale ebbe un incontro con l’ inquisitore e, per ordini di quest’ultimo, rinchiuse la presunta malefica. Pincinella cercò subito di trovare una giustificazione, addossando ogni colpa all’ex podestà di Brescia che chiamandola al capezzale della figlia indemoniata, ne aveva autorevolmente legittimata l’attività.
Così, il 27 giugno scoperta, Benvegnuda raccontò di avere imparato il maggior numero di segreti del mestiere da un certo Zulian che da tre anni le stava nascosto nella gamba e che le dava infallibili consigli. Risultava chiaro che in alcuni momenti, le dichiarazioni venivano estorte sotto la minaccia o l’azione delle torture. Comunque, la citazione di Ziulian condusse il processo nell’ intricata materia dei Sabba. Infatti, Benvegnuda raccontò di incontrare Zulian una volta alla settimana in luoghi diversi: sui colli retrostanti Bovezzo e Nave e su qualche monte più alto che l’accusata ritiene il Tonale; quindi, gli inquisitori giunsero a considerare il giovedì il giorno del Sabba. La donna del Giovedì era considerata la strega che galoppa tra le nubi dopo essersi cosparsa di unguento. Ma perché le presunte streghe avrebbero scelto il giovedì per gli incontri rituali? E in particolare parchè il giovedì delle quattro tempora? Le quattro tempora erano infatti costituite da quattro serie di tre giorni di digiuno e di astinenza istituita dalla Chiesa al principio delle stagioni dell’anno con finalità di propiziazione. In realtà, dalle testimonianze di Pincinella e altre streghe, si comprende che gli incontri notturni rappresentano la faccia popolare della religione cristiana, infatti il gioco era praticato soltanto nei giorni consentiti. Anche in Val Camonica, zona d’epicentro stregonesco, è vivo il ricordo di un gioedé de le bele ( giovedì delle belle) .”A Breno, durante la fiera che si teneva dal 17 gennaio al 14 febbraio", scrive lo storico bresciano Antonio Fappani, “…era chiamato gioedé de le bele l’ultimo giovedì di gen-naio, che vedeva la partecipazione di tutta la valle con sfilate in costume”.
Gli elementi d'accusa raccolti dagli inquisitori sono sufficienti alla formulazione del giudizio: Pincinella, inoltre, è rea confessa. L'inquisitore, per " NON MANCARE IN COSA NIUNA" dà comunque a Benvegnuda tre giorni di tempo per presentare una convincente linea difensiva; la strega sceglie la piena ammissione sperando in una mitigazione della pena. Ma ora siamo nel 1518: è l'anno di Lutero, la situazione sta precipitando.
Nel frattempo, nella foresteria del convento di S. Domenico anche i consulenti giuridici esprimono il loro giudizio di condanna, il dispositivo parla di recidiva e di tradimento della religione cattolica. Il Vicario episcopale ricorda la clemenza della Chiesa dimostratale nel precedente processo del 1509 e lascia intendere che ai peccatori può essere concessa una sola possibilità di redenzione. Pincinella invoca nuovamente clemenza, ma clemenza questa volta non giunse.


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I 7 SIMBOLI STREGATI

IL GATTO NERO
Si pensa che i gatti specialmente se neri avessero dei poteri magici.
Per i Celti i gatti erano il simbolo dei poteri magici.
Il fatto che poi riuscissero a vedere al buio portò alla credenza che fossero in contatto con le forze dell’oscurità.
Il gatto, in genere, è un animale tipicamente femminile, in quanto l’intuito della donna arriva più a fondo nel lato oscuro della mente umana.
I gatti significano libertà.

LA SCOPA
E’ l’attributo più vistoso, serve alla strega per muoversi nel cielo.
E’ tipica l’immagine delle streghe che, sedute su scope, si recano alla riunione notturna (Sabbah) insieme al diavolo.
La scopa, viene interpretata come simbolo di ordine e di prosperità


IL NOCE, LA QUERCIA, IL CASTAGNO
Le streghe si radunano tradizionalmentete sotto un noce una quercia o un castagno. La quercia è già stata sacra agli antichi Celti i cui sacerdoti(druidi)si riunivano e facevano sacrifici sotto tale pianta.
Famoso in Italia è invece il Noce di Benevento.


LA LUNA
Nella preistoria la Grande Madre, dea che presiedeva alla fertilità e signora dell’universo, aveva per simbolo la luna. La luna è la regina della notte, la parte del giorno che corrisponde al lato oscuro e nascosto dell’anima, al regime dell’intuizione e dell’irrazionale. Le streghe viaggiavano di notte.

IL CALDERONE
Uno degli elementi che contraddistingue l’iconografia della strega è il grosso calderone nel quale vengono bollite le varie pozioni che servono a ungere le donne che volano verso il Sabbah


IL CAPRONE
Talvolta la funzione della scopa è svolta dal caprone che esse cavalcano alla rovescia


LA CIVETTA
E' l'uccello della notte, spesso la strega ne prende la forma per volare.
"STRIX" veniva usato dai latini come parola per indicare una civetta o un barbagianni.


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L'ULTIMA STREGA DI MARMENTINO

A Marmentino si narra che sul castello della Pena ,massiccio acuminato dal quale si gode la vista di tutta la Valle Trompia, siano successe cose molto strane.
All'epoca dei romani, la grotta che si trovava su questo monte servì per imprigionare i condannati a morte per fame.
Più tardi, questa caverna divenne covo di streghe che si ritrovavano per fare malefici agli uomini e per parlare delle loro malefatte.
Le streghe però, col passare degli anni, si "estinsero" perché ormai nessuno credeva più né ai loro malefici ,né alla loro esistenza.
Era rimasta solamente una strega a Marmentino e viveva in una grotta con dei pipistrelli e ragni.
Usciva all'aperto solo durante la notte per spaventare i viandanti che passavano di lì .Un giorno gli abitanti, stanchi di sopportare gli scherzi della strega, decisero con il parroco di scacciarla.
L'indomani ,una grande processione con un crocifisso in testa partì da Marmentino per andare alla grotta della strega che ,appena ebbe sentito i canti, restò terrorizzata e spicco un salto fino al monte Baldo. Da quel giorno non disturbò più nessuno e non se ne seppe più nulla.
E si racconta che nella grotta dove esse viveva si possono vedere ancora le sue impronte.


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LE STREGHE DALLE GAMBE DI CAPRA

Era una tetra notte di tempesta e ,sui monti che circondano il lago della “Vacca”, luogo posto sulle propaggini del monte Blumone a due passi dalle cime innevate dell’Adamello, un mandriano se ne stava vicino al fuoco scaldandosi i piedi , con accanto i suoi due fedeli cani.
Ad un certo punto sentì battere dei colpi insistenti alla porta e si trovò faccia a faccia con una bellissima donna .
Dopo il primo momento di stupore la fece entrare ed accomodare vicino al fuoco in modo che si potesse riscaldare.
Fu proprio in quel momento che si avvide d’un fatto singolare : i cani, solitamente diffidenti con gli estranei, non avevano mostrato il minimo segno di nervosismo, e la cosa ancora più terrificante era che da sotto la gonna della bellissima donna spuntavano, illuminate dalla luce del fuoco, due zampe caprine con tanto di zoccoli.
Tale fu la paura, che il nostro mandriano si mise a correre velocemente fuori dalla capanna e si precipitò verso la valle sotto il terribile temporale che si stava scatenando da alcune ore.
Quando il giorno dopo egli fece ritorno, della misteriosa signora non c'era traccia e della capanna non restavano altro che pochi ruderi fumanti.
Un fatto analogo accadde anche ad alcuni falciatori di fieno presso "Campo di Nasso", località ai confini tra la valle sabbia e la valle Trompia.


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La piazza delle streghe di Pisogne


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Si narra che nel 1518 ,nel tranquillo centro di Pisogne, terra aggregata alla Val Camonica dal XIVsec., alcune donne trovarono morte atroce per le ingiustificate accuse di stregoneria.
Otto giovani, accusate di comportamenti soprannaturali, o meglio satanici, vennero portate nella piazza Umberto I, al centro del paese, dove le attendeva il rogo "purificatore". Ree confesse dopo lunghe torture subite nelle prigioni, le donne vennero condotte al rogo in processione, accompagnate da sacerdoti del tribunale che chiedevano loro di confessare pubblicamente i peccati e rinnegare Satana .Giunte a destinazione furono legate ai pali e quindi si appiccò il fuoco mentre la folla, assisteva alla loro agonia tra urla di approvazione.
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BIBLIOGRAFIA

* "Streghe bresciane" - Maurizio Bernardeli Curuz - Editrice Ermione
* "El casù dé la pora" - Storie e leggende triumpline noviziato - Esodo Gruppo Scout Gardone V. Trompia
* "Leggende e Storie Bresciane" - Biblioteca Lombarda Meravigli

FONTE
 
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view post Posted on 20/4/2021, 16:48
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granatiere granitico

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poi tutti al rifugio della comunità montana A Gardone Val Trompia pranzo con oltre 20 persone, tra dirigenti e impiegati dell'ente, a base di spiedo bresciano: ma nelle padelle nascoste all'arrivo dei carabinieri c'erano anche uccellini la cui caccia è vietata...
https://milano.repubblica.it/cronaca/2021/...iYpM1hZtHVUnfCI
Pranzo abusivo con uccellini vietati nella sede della Comunità Montana del Bresciano: "Era solo un seminario formativo". Ma è polemica
 
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