Agorà, il film su Ipazia

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view post Posted on 23/5/2009, 16:29
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Nomade Figlio del Vento Stellare

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AGORA'



a cura di Alessia Starace

Meticolosa e sontuosa ricostruzione storica, Agora non è soltanto la storia di Ipazia di Alessandria, intellettuale perseguitata dai cristiani per il suo rifiuto di piegare la propria integrità alle loro mire politiche; è anche un'interessante esplorazione del legame tra religione e progresso, tra tolleranza, solidarietà umana e avanzamento scientifico.

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Quarto secolo dopo Cristo: nella città di Alessandria d'Egitto, santuario della scienza e della cultura del mondo antico, la filosofa e astronoma Ipazia, figlia del direttore della Biblioteca, trasmette i suoi insegnamenti ad un gruppo di allievi di diversa estrazione sociale e religiosa; persino al suo schiavo Davus è concesso di assistere alle lezioni, e di presentare i suoi modelli del sistema tolemaico. Nel frattempo, la città scivola inesorabilmente nell'agitazione: il numero di cristiani sta salendo vertiginosamente, e soprattutto gli umili e gli schiavi sono sedotti dalla parola di Gesù Cristo e dal carisma dei Parabolani, una sorta di setta monacale/ milizia che opera per la sottomissione del paganesimo (e del giudaismo) alla religione cristiana. Quando i cristiani marciano sull'agora, che era loro interdetta, così come il tempio e la Biblioteca, e i pagani cercano di scacciarli con le armi, il precipitare degli eventi è inevitabile.

Meticolosa e sontuosa ricostruzione storica, Agora di Alejandro Amenábar non è soltanto la storia di Ipazia di Alessandria, intellettuale perseguitata dai cristiani per il suo rifiuto di piegare la propria integrità alle loro mire politiche; è anche un'interessante esplorazione del legame tra religione e progresso, tra tolleranza, solidarietà umana e avanzamento scientifico. Sebbene a tratti semplicistico e farraginoso (è difficile trovare naturali e credibili le conversazioni tra Ipazia e i suoi alunni quando confrontano i modelli di Tolomeo e Aristarco sulle fortificazioni della città), e non sempre fluido nella messa in scena, il film di Amenabar è apprezzabile per la sua compattezza concettuale e per la capacità del regista spagnolo di associare le scelte visive agli elementi di sceneggiatura in maniera spesso illuminante. Solo un paio di esempi fra i tanti: durante una lezione si legge un passo di Aristotele in cui si parla della naturale inferiorità intellettiva degli schiavi; poco dopo, Davus, pur segretamente innamorato di Ipazia, consacra il proprio passaggio nelle fila dei cristiani - ormai impegnati a esecrare il tempio e a bruciare le preziose pergamene della Biblioteca - distruggendo proprio una statua del grande filosofo. Il sovvertimento delle credenze e delle antiche tradizioni è indicato anche chiaramente da Amenábar nella stessa sequenza, con un lento e inesorabile ribaltamento dell'immagine.
Insistito è anche l'uso di carrellate che, dalla baia di Alessandria, si allontanano dalla superficie terrestre: splendide immagini astronomiche che "ridimensionano" la portata degli eventi narrati, delle guerre di potere e dei conflitti religiosi, come se le umane questioni nella loro piccolezza fossero scrutate da un Dio, o dei, distante e indifferente che abita la serenità del cosmo.


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Rachel Weisz interpreta Ipazia di Alessandria in Agora
Sulla figura di Ipazia, interpretata da una Rachel Weisz i cui grandi occhi intelligenti sono una perfetta immagine della gloria della conoscenza, lo script di Amenábar e Mateo Gil lavora molto di fantasia, in particolare in merito alle rivoluzionarie idee astronomiche le le vengono attribuite nel film; quanto all'elemento romantico (Ipazia è amata non solo da Davus, ma anche dal futuro prefetto di Alessandria, Orestes), esso è utilizzato con grande discrezione e sempre funzionale alla trama. Nonostante alcuni difetti, dunque, Agora è un film meritevole non solo per il grande sforzo tecnico e produttivo, ma anche per l'equanimità con cui affronta il tema attualissimo delle tensioni religiose, e per l'equilibrio e l'intelligenza con cui celebra, nella figura della martire pagana, l'inestimabile, irrinunciabile valore della libertà di pensiero.


Data di pubblicazione: 18.05.2009

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view post Posted on 26/5/2010, 16:24
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AGORA’:
l’omaggio di Amenabar
al libero pensiero laico



Finalmente in sala il controverso film sulla filosofa Ipazia d’Alessandria

Quando un film non trova distribuzione è sempre un peccato perché un’opera artistica per essere giudicata andrebbe vista, e per essere vista è necessario venga divulgata, e nel caso di una pellicola significa far si che arrivi nelle sale.



Esistono opere di esordienti che vengono girate ma non ritenute commerciabili e quindi mai distribuite, ma esistono anche film che vengono visti in tutto il mondo tranne che in un dato paese per censure politiche come quelle delle dittature, censure religiose come nelle teocrazie, ma a volte basta l’ostracismo di poteri forti, anzi fortissimi, che reputano scomodo l’argomento trattato e quindi creano il vuoto a livello commerciale attorno al prodotto artistico in questione.

L’ultimo lavoro di Alejandro Amenabar, “Agorà”, è uscito nelle sale cinematografiche di tutto il mondo da quasi due anni ma in Italia dopo petizioni e battaglie solo ora ha trovato un distributore, la Mikado, che si è assunto l’onere economico e la responsabilità morale di farlo vedere al pubblico del Belpaese.

Ma perché il film di uno dei registi più apprezzati della cinematografia moderna ha trovato tante difficoltà ad arrivare in Italia?

La storia raccontata è quella della filosofa, matematica ed astronoma Ipazia; siamo nel IV secolo dopo Cristo e con l’avvento al potere dell’imperatore Teodosio i divieti nei confronti delle religioni monoteiste, su tutte quella cristiana, vengono eliminati dando simbolicamente accesso all’Agorà a qualsiasi tipo di credente.

Alessandria d’Egitto a quel tempo era un vero e proprio santuario della scienza e della cultura grazie al suo Serapeo, la Biblioteca in cui venivano custoditi testi filosofici e scientifici dell’antichità.

Figlia del direttore del Serapeo è Ipazia, la cui missione è insegnare ai giovani tutti, senza distinzione di appartenenza sociale o religiosa, i fondamenti filosofici e iniziarli alla conoscenza dell’astronomia.

Alla donna è stato inculcato fin da piccola il culto della scienza che l’ha resa indipendente e lontana da qualsiasi forma di devozione teologica; se per il paganesimo questa condizione femminile di sapienza e indipendenza è sempre andata bene, per la religione cristiana pare essere intollerabile che una donna possa discutere con gli uomini al pari livello e addirittura porre questioni sulla vita sociale e divulgare insegnamenti filosofici e astronomici, oltretutto considerandosi non credente.

Nel frattempo all’Agorà cominciano i confronti tra pagani e cristiani non limitandosi a scontri concettuali.

La situazione ad Alessandria precipita quando il numero di cristiani sale vertiginosamente, vuoi per il diffondersi della parola di Gesù Cristo tra gli umili e gli schiavi, vuoi perché alcuni pagani, compresi i senatori, hanno deciso di convertirsi per compiacere l’imperatore; e i Parabolani, che dovrebbero essere divulgatori della Bibbia, cominciano ad usare violenza verso i non cristiani per sottometterli al loro credo o, nel caso dei giudei, per soggiogare e cacciare dal paese quelli che considerano gli assassini del loro Dio.

Dopo la presa e la conseguente distruzione del Serapeo da parte dei cristiani non solo vengono puniti quelli che rifiutano la conversione ma si costringe gli stessi credenti moderati ad accettare l’imposizione di regole integraliste, quali la sottomissione della donna, conseguenti ad una rilettura quanto mai ambigua della parola di Dio; nell’impossibilità di rinnegare la sua scienza e la sua indipendenza, convinta nel confermare come unico suo credo la filosofia, Ipazia verrà uccisa dai Parabolani dopo essere stata additata come strega e puttana.

Non è difficile scoprire il motivo per cui i cattolici italiani, sostenuti dal clero vaticano, hanno osteggiato l’uscita del film: i cristiani rappresentati nella storia in questione vengono dipinti come fondamentalisti che da vittime si trasformano in carnefici che non accettano l’ateismo o una religione diversa dalla loro; eppure è un dato storico, una situazione venutasi realmente a creare in quel passaggio di poteri all’imperatore cristiano Teodosio che inizialmente era riuscito a ristabilire un’uguaglianza tale da far uscire dalla clandestinità e dall’illegalità tutti i credenti in religioni monoteiste.

Una volta scoperta la ragione che rende indigesto “Agorà” a una parte di cattolici resta comunque incomprensibile l’ostracismo perpetrato per far si che addirittura fosse impedita la distribuzione del film: comportamenti come questo non hanno senso sia perché non è evitando che li si racconti al cinema che si possono tener nascosti determinati avvenimenti storici, seppur oscuri e scomodi, e poi perché non penso che chi vedrà il film cambierà la propria opinione sul cristianesimo, ma avrà materiale per riflettere sulla storia di questa religione e per farsi un’idea sui cambiamenti che nei secoli ci sono stati nella società e nei rapporti tra Stato e Chiesa e tra Chiesa e Scienza.

Alejandro Amenabar è uno dei registi più interessanti e originali della cinematografia recente: gli esordi indipendenti con “Tesis” e “Apri gli occhi” sono state vere e proprie folgorazioni che dalla Spagna si sono diffuse oltreoceano facendo innamorare i produttori americani di questo cineasta, che però non ha cambiato modo di fare cinema nonostante le aspettative e gli investimenti avessero aumentato le sue responsabilità; e così dal cilindro ha tirato fuori un thriller atipico e straordinario come “The others” con una star come Nicole Kidman totalmente al servizio di una pellicola impressionante.

Se potevano esserci ancora dubbi su Amenabar il ritorno in patria avvenuto con “Mare dentro” ha convinto anche i più scettici della bravura di questo regista giunto alla consacrazione trattando un argomento scottante come l’eutanasia, e vincendo l’Oscar come miglior film straniero.

Con la sua ultima opera cambia ancora genere, raccontando un periodo storico spinoso e controverso e mettendosi per la prima volta alla prova con una messinscena imperiosa ricostruendo sulle spiagge di Malta la città di Alessandria: ripagato in pieno dalla scelta come protagonista di Rachel Weisz che interpreta Ipazia con grazia e fiera tenacia, Amenabar rende simboliche molte delle scene e il modo di riprenderle, si sofferma sui concetti espressi da ognuno dei personaggi non tralasciando le sensazioni nascoste e le sofferenze esibite per colpa delle violenze fisiche e morali.

“Agorà” è un film sontuoso, un kolossal la cui forza sta nella morale: la storia di Ipazia è una lezione di tolleranza per la società contemporanea che, attraverso il passato, può imparare a non ripetere gli stessi errori e a ricercare un’evoluzione costante per il vivere civile tra persone che non la pensano allo stesso modo e non per questo devono vedere nell’altro un pericolo per la propria esistenza.

Pasquale de Renzis
Portici News

Ultimo aggiornamento ( Giovedì 06 Maggio 2010 18:27 )

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view post Posted on 26/5/2010, 19:48
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Ipazia: il martirio del paganesimo



27 aprile 2010 (11:04) | Autore: Michele Fabbri

Il massacro della filosofa Ipazia ad opera di fanatici cristiani nel 415 è uno degli episodi più orrendi della storia del pensiero.

Il film Agorà del regista spagnolo Alejandro Amenàbar narra la vicenda rendendola nota al pubblico di massa. Il film naturalmente risponde a esigenze spettacolari, per cui la ricostruzione delle vicende è assolutamente fantasiosa e arbitraria, ma certamente si deve riconoscere a questa pellicola una vis polemica che se non altro muove le acque di uno scenario culturale intorpidito oltremisura.

La prima parte del film è decisamente ispirata a Nietzsche e richiama le grandiose pagine de L’Anticristo che descrivono la psicologia dell’egualitarismo monoteista: una folla di fuori-casta, un gregge di mediocri gonfio di odio e di risentimento assalta l’aristocrazia pagana arroccata nella biblioteca di Alessandria. Quando i cristiani fanno irruzione nella sala centrale della biblioteca, la telecamera offre una suggestiva inquadratura ribaltata, quasi a significare l’inizio di un mondo alla rovescio. E la scena in cui lo schiavo di Ipazia tenta di violentare la sua padrona è una esemplare immagine del nauseante livore che anima le ideologie progressiste!

La seconda parte del film, invece, mette in scena uno scontato cliché della cultura dominante: i cristiani, dopo aver messo fuori gioco i pagani, se la prendono con gli ebrei. Ovviamente il regista vuole accreditare l’idea dell’ebreo come eterna vittima innocente: forse sarebbe meglio far riflettere il pubblico sul fatto che il monoteismo biblico è un’invenzione ebraica…

La terza parte del film è sicuramente la meglio riuscita perché mette in scena il dramma umano di Ipazia, ormai ultima pagana isolata e abbandonata da tutti coloro che un tempo le erano amici, e tuttavia decisa a non rinunciare alla sua libertà di coscienza. La scienziata, com’è noto, sarà vittima sacrificale di un gioco di potere fra il vescovo Cirillo e il prefetto Oreste.

Il film è un kolossal di grande impatto, e si avvale anche di un originale utilizzo della macchina da presa che spesso parte dall’inquadratura dell’intero pianeta per poi stringersi al delta del Nilo e al leggendario Faro di Alessandria. Sebbene, come si è detto, la vicenda sia trattata in maniera molto superficiale, questa pellicola è comunque una buona occasione per riflettere sulle radici pagane dell’Europa.

Il passaggio dal paganesimo al monoteismo è stato un fenomeno estremamente complesso e non riducibile a facili generalizzazioni, tuttavia ha rappresentato indubbiamente un trauma psicologico che ha messo in atto la più grande rivoluzione di tutti i tempi nella storia della coscienza. Proprio per questo la vicenda di Ipazia ci deve ricordare con quanta facilità i monoteismi possano scivolare nell’intolleranza, tanto più in un’epoca in cui nel cuore della stessa Europa ci sono intellettuali colpiti dalla fatwa islamica e storici revisionisti perseguitati dagli ebrei!


FONTE

La scienziata Ipazia pagò con la vita la sua indipendenza dalle pressioni dei poteri religiosi dell'epoca e dalle invidie di chi voleva relegare le donne a ruoli di inferiorità

Nell'Egitto del IV secolo d.C, la storia di Hypatia di Alessandria, primo astronomo-filosofo donna dell'Occidente.
Spinto dal desiderio di raccontare una storia su Romani e Cristiani nell'Antico Egitto, il regista spagnolo di origine cilena ha individuato la sua eroina nella figura di Ipazia, figlia di Teone, ultimo direttore della celeberrima biblioteca di Alessandria, e donna simbolo della tolleranza della società greco-romana di quel tempo. Con la sua Himenóptero, Amenábar ha coinvolto la Mod Producciones di recente creazione e Telecinco Cinema, mettendo assieme un cast internazionale che recitasse in lingua inglese e permettesse di lanciare il film sul mercato internazionale.
A vestire la tunica di Ipazia è la star britannica Rachel Weisz (The Constant Gardener, La Mummia). La vediamo insegnare astronomia, matematica e filosofia ai suoi allievi, in quel tempio della saggezza che doveva essere allora la Biblioteca alessandrina. Ma mentre tra quelle mura si discetta di Aristotele e si preconizza l'eliocentrismo, per le strade e le piazze della città governata dall'Impero Romano d'Oriente cresce ed esplode il dissidio tra le religioni: cristiani contro pagani ed ebrei. Presto i parabalani incappucciati(funzionari romani che disdegnano la propria vita per la causa della Chiesa. In genere, sono attivisti, monaci, guerrieri e becchini, fanatici, ignoranti, violenti ) spingeranno la folla ad attaccare nel nome di Cristo gli adoratori degli déi e, nonostante la mediazione romana, la Biblioteca verrà saccheggiata e distrutta.
Il resto è storia, con la sola eccezione del servo Davus, personaggio inventato, interpretato dal giovane inglese Max Minghella. Lo spettatore potrebbe trovare noiose e fintamente intellettuali le numerose discussioni "scientifiche" ma quello che non sfuggirà è la scelta di portare sul grande schermo questa martire del paganesimo che ha tutto l'aspetto di un attacco frontale del regista al Cristianesimo e non genericamente al fanatismo religioso. All'uscita di Agora difficilmente le stanze del Vaticano apprezzeranno le scene in cui i cristiani sbudellano la gente urlando come invasati o vengono visualizzati come formiche nere che si affrettano sulla preda con una efficace ripresa dall'alto velocizzata.
Chi è il regista
Alejandro Amenábar (Santiago del Cile, 1972) è figlio di madre spagnola e di padre cileno. La sua famiglia si trasferisce in Spagna quando lui ha un anno, facendolo crescere e studiare a Madrid. Scrive, produce e dirige il suo primo cortometraggio, "La cabeza", a 19 anni, e ne ha 23 quando debutta nel lungometraggio con "Tesis" che in Spagna riceve molti premi. Il suo "Apri gli occhi" riscuote in Spagna un enorme successo e viene distribuito in tutto il mondo: è stato ultimamente oggetto di un remake hollywoodiano diretto da Cameron Crowe e intitolato "Vanilla Sky", con Tom Cruise (che ne è anche il produttore), Penelope Cruz (protagonista anche della versione originale) e Cameron Diaz. "The Others" - interpretato in modo perfetto da Nicole Kidman e prodotto da Tom Cruise - è il suo primo film girato in lingua inglese, presentato alla Mostra di Venezia, dove ha riscosso un grande successo di pubblico e critica. Ha realizzato la colonna sonora di tutti i suoi film, nonchè di molti altri, tutti iberici.
Nel 2004 gira "Mare dentro", un film sulla vita del tetraplegico Ramon Sampedro e il delicato tema dell'eutanasia, che segna una svolta nel suo cinema che riceve premi dal Festival di Venezia, da E.F.A., il premio Goya, e la candidatura al premio Oscar come miglior film straniero. Presentando a Cannes 2009 Agorà(piazza, assemblea) ha dichiarato: «Il mio Agorà contro ogni fondamentalismo. Ipazia (Rachel Weisz) filosofa e scienziata, martire del politeismo ad Alessandria, capitale culturale del Mediterraneo nel IV secolo della nostra era, controllata dall'Impero romano d'Oriente e centro di attriti tra il politeismo e i due monoteismi, l'uno frutto dell'eresia dell'altro: giudaismo e cristianesimo. La vergine Ipazia - aggiunge- era uno spirito aperto, praticava la misericordia e fu torturata e uccisa dai cristiani alla vigilia del tracollo del mondo classico. La sua vicenda ricorda - in senso opposto - quella di Gesù». Attorno a lei, gli ex allievi, l'aristocratico (Oscar Isaac), convertito al cristianesimo onde avere la carriera pubblica che si aspettava; e lo schiavo (Max Minghella, figlio di Anthony), fanatico nella nuova fede. In Agorà i ruoli di buoni e cattivi sono distribuiti per fazione. Il tragico degli scontri politico-religiosi è che ognuno ha le sue ragioni"

Chi era questa straordinaria scienziata?

Ipazia era l'erede della Scuola alessandrina, la più notevole comunità scientifica della storia dove avevano studiato Archimede, Aristarco di Samo, Eratostene, Ipparco, Euclide, Tolomeo… e i geni che hanno gettato le fondamenta del sapere scientifico universale. Filosofa neoplatonica, musicologa, medico, scienziata, matematica, astronoma, madre della scienza sperimentale (studiò e realizzò l'astrolabio, l'idroscopio e l'aerometro).… e, come scrisse Pascal, «ultimo fiore meraviglioso della gentilezza e della scienza ellenica». Nei suoi settecento anni la Scuola alessandrina aveva raggiunto vette talmente elevate nel campo scientifico, che sarebbe bastato lasciar vivi e liberi di studiare Ipazia e i suoi allievi per acquisire 1200 anni in più di progresso.
Ma su Ipazia e sull'intera umanità si abbatté la più grossa delle sventure: l'ascesa al potere della Chiesa cattolica e il patto di sangue stipulato con l'impero romano agonizzante. Questo patto - oltre alla soppressione del paganesimo - prevedeva la cancellazione delle biblioteche, della scienza e degli scienziati, l'annullamento del libero pensiero, della ricerca scientifica (nei concilî di Cartagine, infatti, fu proibito a tutti - vescovi compresi - di studiare Aristotele, Platone, Euclide, Tolomeo, Pitagora etc.). Alla donna doveva essere impedito l'accesso alla religione, alla scuola, all'arte, alla scienza. In poche decine di anni il piano venne quasi interamente realizzato. Ma Ambrogio, Giovanni Crisostomo, Agostino e Cirillo - i giganti del nascente impero della Chiesa - trovarono, sulla loro strada lastricata di roghi e di sangue, un ultimo impedimento: una giovane bellissima creatura a capo della Scuola alessandrina, una scienziata con una dirittura morale impossibile da piegare la quale, al termine d'una giornata di studio e di ricerca, si gettava sulle spalle il tribon - il mantello dei filosofi - e se ne andava in giro per Alessandria a spiegare alla gente - con ingegno oratorio e straordinaria saggezza - cosa volesse dire libertà di pensiero, l'uso della ragione. E Cirillo, vescovo e patriarca di Alessandria, ordì il martirio di Ipazia. Uccidere ingiustamente un qualunque essere umano è troncare una vita, spezzare una possibilità, ma trucidare una creatura come Ipazia è arrecare un danno incalcolabile all'umanità intera, è uccidere la speranza nel progresso umano. Questo delitto segnò la fine del paganesimo, il tramonto della scienza e della dignità stessa della donna. Segnò la definitiva affermazione del gruppo più astuto, raffinato, vorace, spietato e feroce prodotto dalla specie umana: da quel marzo del 415 d.C. la Chiesa Cattolica, oltre a imprigionare, torturare, bruciare vivi popoli interi, incatenò la mente degli uomini per manovrarli, dirigerli, dominarli, alleandosi sempre con il potere e con l'ingiustizia. Nessun mea culpa potrà mai restituire all'umanità tanto sangue innocente e tanti secoli di progresso mancato. In quel 415 d.C. a nulla valse la voce isolata del prefetto Oreste, che cercò inutilmente di difendere e di salvare la scienziata. Quando giunse ad Alessandria, Oreste si recò a rendere omaggio a Ipazia, astro incontaminato della sapiente cultura. Da lei apprese che non poteva definirsi realmente pagana perché «qualunque religione, qualunque dogma, è un freno alla libera ricerca, e può rappresentare una gabbia che non permette d'indagare liberamente sulle origini della vita e sul destino dell'uomo». Ipazia gli raccontò che dopo l'incendio della biblioteca, il prefetto Evagrio le aveva proposto di convertirsi al cristianesimo in cambio di maggiori sovvenzioni per la sua scuola e che lei aveva rifiutato dicendo: «Se mi faccio comprare, non sono più libera. E non potrò più studiare. È così che funziona una mente libera: anch'essa ha le sue regole». Dopo il massacro di Ipazia, il vescovo e patriarca Cirillo governò Alessandria da padrone assoluto per i successivi trent'anni. I libri di Ipazia e di tutta la Scuola alessandrina furono bruciati (con la sola eccezione del suo commento alla Syntaxis), la sua memoria cancellata. A parte Ierocle (di cui sono rimaste solo due modeste opere di filosofia neoplatonica) e il poeta Pallada che con i suoi versi cantò l'irreprensibilità dei costumi, l'alto sentire, l'accuratezza e il savio giudicare della filosofa e scienziata alessandrina, tutti i discepoli della scienziata scomparvero e di loro, del loro pensiero, delle loro opere, nulla è rimasto. Alcuni riuscirono ad emigrare in India (tra cui Paulisa, autore dell'opera astronomica Paulisa siddhānta), importandovi le ultime scoperte di trigonometria ed astronomia. Ci è pervenuta, però, una parte dell'opera di uno degli allievi preferiti di Ipazia: Sinesio di Cirene, vescovo di Tolemaide. Dalle sue lettere indirizzate alla maestra, si apprende che Ipazia è stata la madre della scienza moderna in quanto, all'analisi teorica dei problemi di fisica e di astronomia, faceva seguire la sperimentazione pratica (il grande matematico del '600 Pierre de Fermat, studiando l'idroscopio realizzato dalla scienziata alessandrina, rese omaggio «alla grande Ipazia, che fu la meraviglia del suo secolo»). Mentre la sua maestra era ancora in vita, Sinesio scriveva: «L'Egitto tien desti i semi di sapienza ricevuti da Ipazia».
Le testimonianze antiche su Ipazia sono offerte, principalmente, da quattro storici: Socrate Scolastico (Storia Ecclesiastica), Filostorgio (Storia Ecclesiastica), Sozomeno (Storia della Chiesa) - tutti contemporanei di Ipazia -, e Damascio, ultimo direttore dell'Accademia platonica di Atene, che scrisse di lei 50 anni dopo il suo massacro. Ambrogio, Giovanni Crisostomo, Agostino e Cirillo vennero fatti santi. Sant'Ambrogio, San Giovanni Crisostomo, Sant'Agostino e San Cirillo d'Alessandria sono stati elevati, inoltre, al rango di dottori e padri della Chiesa universale. Per i successivi 1200 anni la Chiesa di Roma manovrò principi, re ed imperatori per tenere a freno il suo più acerrimo nemico: il sapere, la conoscenza. Soprattutto la scienza della Scuola alessandrina.Il 17 febbraio dell'Anno Santo 1600 la Chiesa di Roma fece bruciare vivo Giordano Bruno, il filosofo e scienziato che aveva studiato gli atomisti greci e che attraverso le opere di Democrito aveva capito l'essenza di quegli universi infiniti che Ipazia aveva intuito. Il 22 giugno 1633 la Chiesa di Roma fece imprigionare ed abiurare il padre della scienza moderna Galileo Galilei, il quale aveva proseguito l'opera iniziata dalla Scuola alessandrina e da Ipazia nella sperimentazione della scienza e che, nel Dialogo sui massimi sistemi del mondo, aveva avuto il coraggio di proporre l'ipotesi eliocentrica che Aristarco di Samo aveva formulato nel 280 a.C. nella Scuola alessandrina e che Ipazia aveva elaborato. Papa Pio XII nel 1944, per festeggiare i 1500 anni della morte di San Cirillo d'Alessandria (la cui opera teologica è alla base del dogma della Vergine Madre di Dio) promulgò l'enciclica Orientalis Ecclesiae, per «esaltare con somme lodi» e «tributare venerazione a San Cirillo», a colui che aveva cacciato e fatto massacrare ebrei, nestoriani, novaziani (chiamati catari - puri) e pagani da Alessandria d'Egitto. Il vescovo-patriarca S. Cirillo aveva studiato per cinque anni - dal 394 al 399 - nel monastero della montagna della Nitria, nel deserto di San Marco, e lì era stato ordinato Lettore. In questo monastero aveva stretto vincoli di amicizia con gran parte dei monaci parabolani (di cui si servì per sterminare ebrei, nestoriani, novaziani e pagani) e soprattutto con Pietro il Lettore, a cui sedici anni dopo ordinò di trucidare Ipazia… l'ultima voce libera, l'ultima luce femminile di sapienza dell'antichità.
Purtroppo le donne che tentarono di studiare e d'inserirsi nel mondo della scienza dovettero combattere su due fronti: il primo risaliva ai tempi di Platone, che le considerava esseri inferiori per natura (e questo sembra incredibile: Platone, Aristotele e i più grandi pensatori che ha prodotto il genere umano, che hanno dato vita all'attuale libertà di pensiero, ebbene… consideravano la donna inferiore per natura); il secondo… il ruolo secondario assegnatole proprio dai padri fondatori della Chiesa (Sant'Agostino… e San Giovanni Crisostomo che affermò che la donna porta il marchio di Eva e che Dio non le ha concesso il diritto di ricoprire cariche politiche, religiose o intellettuali). Infatti se Ipazia fosse stata uomo, l'avrebbero solamente uccisa. Essendo donna, dovevano farla a pezzi, nella cattedrale cristiana, per rendere quel massacro simbolico d'un sacrificio. Per escludere, nel cammino dei secoli a venire, metà del genere umano.Ipazia ci ha insegnato che la via della ragione - la via dell'esperienza personale non mediata da altri, la ricerca continua della verità sulla nostra vita, verità che racchiude il nostro corpo, la mente, l'universo, l'intelligibile… come direbbero gli antichi filosofi, la metafisica… che vuol dire il raggiungimento d'un principio supremo non creatore, ma che è e che si evolve insieme a noi - è la via a cui ha diritto ogni essere umano.


Da Arte (e rivolta) che ringraziamo molto per questo post:

Non riesco a spiegarmi, adesso che ho visto il film, perché “Agora” non è uscito in italia (post del 4 febbraio 2010). Da convinto anticlericale quale sono, non riesco a trovare esplicite offese verso i cattolici in questa pellicola di Alejandro Amenábar. Il film non nasconde le cattiverie dell'essere umano che difende il proprio credo e cerca di imporlo agli altri. Se poi, sono i cristiani ad uccidere Ipazia, è dovuto solamente al potere che in quegli anni il “nuovo” credo sviluppava sulle masse.

Amenábar non ha fatto un film anticlericale, ma un film sulla libertà, sull'indipendenza di una donna di millesettecento anni fa. Questo mi ha colpito veramente: non è un film politico ma storico, curato nei minimi dettagli come nei costumi, nel sobrio uso del digitale per la fotografia e per l'impossibile ma credibile esecuzione di musiche dell'epoca. È un film dedicato alla donna, alla saggezza della donna. Se Ipazia è la protagonista, il maschio è l'antagonista della storia, quello che risolve i problemi con la violenza e cerca di imporre la propria autorità in tutti i modi. Le religioni non sono altro che un pretesto per fare a botte ed uccidere qualcuno. Il maschio fa la sua giusta figura da caprone dominante. Ipazia è la speranza per una società giusta.
La pubblicità che si sta facendo a questo film, almeno in italia, è assolutamente errata; il film non attacca nessuno in particolare e ci hanno fatto credere a tutti di chissà come i cristiani vengono descritti.

La pellicola comincia con le lezioni di Ipazia nella biblioteca Alessandrina: unica donna, stimatissima, in mezzo a soli uomini. Il padre di Ipazia, anch'esso filosofo è il capo della cricca.
I cristiani cominciano ad essere sempre di più ad Alessandria, fino a quando non provocheranno gli studiosi, imbrattando le statue pagane all'ingresso della biblioteca. Ecco che l'essere umano, ferito nell'orgoglio e nell'intimità delle proprie convinzioni, parte all'attacco. Si dividono le spade tra filosofi, studenti e schiavi, si corre all'esterno della biblioteca per uccidere i cristiani. Ipazia è ovviamente contraria alla violenza, ma i maschi, feriti intimamente, non ci pensano due volte.
Dopo questi morti, ce ne saranno altri di crudeli scontri. Ci sarà anche un periodo di tregua, molti si convertiranno al cristianesimo per interessi politici-istituzionali.
Arrivano anche gli ebrei, ci saranno lotte e lapidazioni tra cristiani e giudaici, gli ebrei verranno scacciati dalla città.

Ad Ipazia verrà consigliato di battezzarsi e diventare cristiana, non disposta a cedere, ammetterà pubblicamente che lei crede nella filosofia; inoltre sta studiando le orbite ellittiche del sistema solare che scoprirà Keplero più di mille anni più tardi e la sua vita è totalmente dedicata a questo.
Il finale lo immaginate o conoscete già, ma forse non sapete che il mandante della morte di Ipazia, Cirillo, venne poi proclamato santo.

Che accadde quel lunedì 8 marzo dell'anno 415?

Ipazia aveva 45 anni. Stava dedicando tutta se stessa allo studio e alla diffusione della conoscenza non solo tra gli studiosi, ma in mezzo al popolo: sapeva che la Conoscenza era strumento d'emancipazione, di libertà. Questo fu il motivo principale che portò l'alto prelato di Alessandria d'Egitto a ordire un crimine così efferato nei riguardi di una delle più grandi creature che il genere umano abbia mai avuto. 500 monaci parabolani - le guardie del corpo del vescovo e patriarca Cirillo, che pochi mesi prima avevano massacrato e cacciato da Alessandria l'intera comunità ebraica - l'afferrarono mentre tornava a casa, la trascinarono nel Cesareo, la cattedrale cristiana, la denudarono, il loro capo Pietro il Lettore con dita armate di unghie affilatissime le cavò gli occhi e li gettò sull'altare, la lasciò in pasto alla turba scatenata che - con degli affilatissimi gusci di conchiglia - la fecero a pezzi, corsero per la città inneggiando alla vittoria, trascinando un sacco grondante di resti sanguinolenti. Alessandria era finalmente libera da colei che guariva con la magia della musica e che studiava astrologia. Si recarono al Cinerone, dove si bruciava la spazzatura, e lì gettarono i resti mortali d'Ipazia, esultando con le parole di Agostino che diceva che la donna è solo "immondizia".

Sant'Agostino? San Cirillo?
Sì, proprio loro: Agostino, Cirillo, Ambrogio, Giovanni… l'esercito di vescovi cristiani che sottomisero l'impero romano agonizzante. Ambrogio riuscì a far strisciare ai suoi piedi - nella cattedrale di Milano - l'imperatore Teodosio: era il natale del 390 d.C., data che avrebbe segnato il destino dell'umanità intera. La Chiesa non aveva più ostacoli davanti a sé… tranne quell'inguaribile sognatrice-scienziata pagana di Alessandria che dopo una giornata di studio, indossava il mantello nero dei filosofi e andava in giro per la città in mezzo alla gente, a insegnare Platone, Aristotele, astronomia, l'uso della ragione, consigliando di non portare in chiesa oro o donazioni per curare un figlio malato, ma di andare da un medico. Il massacro d'Ipazia servì anche da esempio: nessun allievo, infatti, ebbe il coraggio di lasciare una testimonianza. Chi tentò di farlo, scomparve assieme ai suoi scritti. Alcuni si rifugiarono in India. Il vescovo e patriarca Cirillo governò da padrone assoluto Alessandria per i successivi trent'anni. I libri d'Ipazia e di tutta la Scuola alessandrina furono bruciati, la sua memoria cancellata. Il martirio che subì Ipazia segnò la fine della più importante comunità scientifica dell'umanità. Ma Cirillo non pensò a distruggere le lettere di Sinesio di Cirene, l'allievo più caro d'Ipazia, diventato vescovo di Tolemaide: a lui dobbiamo molte delle notizie della vita e delle opere della scienziata alessandrina. Vita raccontata, inoltre, dagli storici Socrate Scolastico, Damascio, Filostorgio e Sozomeno. San Cirillo d'Alessandria, Sant'Agostino da Ippona, Sant'Ambrogio da Milano e San Giovanni Crisostomo… santi e padri della Chiesa. Che poteva fare Ipazia contro questi quattro colossi? Solo gettare dei semi, i semi della Conoscenza. Scrivere e nascondere dei libri sotto al Faro d'Alessandria con la speranza di tramandare ai posteri il suo Sapere…

Libri nascosti, "chiavi del sapere"… un tema che torna spesso nei tuoi romanzi…
Nel corso della storia umana l'organizzazione che più di qualunque altra ha lottato per occultare il Sapere è stata la Chiesa cattolica. E quindi, in contrapposizione, uomini di scienza si sono battuti non solo per scoprire i segreti di madre natura, ma affinché non venissero distrutti, per consegnarli alle generazioni future. Attualmente una spedizione archeologica francese sta setacciando il fondo del mare là dove una volta si ergeva il Faro di Alessandria: non mi stupirei se riuscissero a trovare in qualche anfora dei testi d'Ipazia e di Moco. Moco?
Lo scienziato fenicio vissuto oltre mille anni prima d'Ipazia, il predecessore di Democrito e Leucippo, l'antesignano degli atomisti greci i quali avevano intuito tutto sulla composizione della materia. Con la differenza che Moco aveva prospettato che l'atomo era anche divisibile! Quello che accadde in 7 secoli ad Alessandria d'Egitto poteva segnare il destino dell'umanità. Accadde una rivoluzione tecnologica, scientifica e filosofica. 1200 anni dopo la morte d'Ipazia, Galileo e Newton stentavano a comprendere i concetti degli scienziati della scuola alessandrina, utilizzando - tra l'altro - i tredici volumi di commento all'Aritmetica di Diofanto e gli otto volumi sulle coniche di Apollonio elaborati da Ipazia. Leonardo da Vinci non fece altro che tentare di elaborare disegni di quegli scienziati: Ctesibio, vissuto nella scuola alessandrina nel III sec. a.C., che progettò una pompa idraulica, una serie di marchingegni a vapore con cui si poteva regolare l'apertura e la chiusura delle porte, un organo idraulico, un teatro automatico con marionette danzanti. Per non parlare di Archimede! E di Erone di Alessandria che elaborò cremagliere, viti, catene di trasmissione, eliche, ingranaggi moltiplicatori, stantuffi, valvole già in uso secoli prima. E ancora di Maria l'Ebrea, la più importante alchimista dell'antichità, la madre della chimica moderna: inventò sofisticate apparecchiature sperimentali per la distillazione e la sublimazione, tecniche di laboratorio che vengono utilizzate ancora oggi, come il famoso "bagnomaria" appunto! Per riassumere, una Rivoluzione dimenticata, come racconta mirabilmente Lucio Russo nel suo splendido saggio pubblicato da Feltrinelli. Bastava lasciare in vita Ipazia, la sua scuola e non bruciare la Biblioteca con i suoi 700 mila volumi, per godere, con molti secoli d'anticipo, di tutto quel sapere e di quel progresso medico, scientifico e filosofico. Il minimo che possiamo fare oggi è divulgare quello che accadde 1600 anni fa! Anche per restituire a creature come Ipazia un po' di giustizia.

Che ruolo giocò l'impero romano?
Con la speranza di arrestare la dissoluzione dell'impero e l'avanzata dei barbari, Teodosio I e i suoi figli firmarono uno scellerato patto di sangue con la Chiesa cattolica. Ambrogio fece promulgare all'imperatore un editto dietro l'altro facendo cancellare ogni forma di studio, di libero pensiero, di religione che non fosse quella cristiana. Bruciarono tutti i templi pagani, i sacerdoti, le biblioteche, cancellarono le Olimpiadi, i misteri eleusini. Lasciarono completa libertà a Cirillo affinché divenisse il padrone assoluto di Alessandria. Il vescovo-patriarca Cirillo aveva studiato per cinque anni nel monastero della Nitria, lì era stato ordinato Lettore, lì aveva stretto vincoli d'amicizia con i monaci parabolani - di cui si servì per sterminare ebrei, nestoriani, novaziani e pagani - e con Pietro il Lettore, a cui ordinò di trucidare Ipazia, l'ultima voce libera dell'antichità.

Non è a caso che a Ipazia fu riservata una morte così atroce...
Erodoto disse che "un uomo si giudica dalla sua morte". Lei era l'erede della scienza antica, l'ultima rappresentante della scuola che aveva cambiato la concezione del mondo. Aveva rifiutato di convertirsi al cristianesimo dicendo "Se mi faccio comprare, non sono più libera. E non potrò più studiare. È così che funziona una mente libera: anch'essa ha le sue regole". Se fosse stata uomo, l'avrebbero solamente uccisa. Essendo donna, dovevano farla a pezzi, nella cattedrale cristiana, per rendere quel massacro simbolico d'un sacrificio. Per escludere, nel cammino dei secoli a venire, metà del genere umano. Questo delitto segnò la fine del paganesimo, il tramonto della scienza e della dignità stessa della donna. Ancora oggi nel mondo della scienza solo un 5% dei vertici è donna, mentre è donna oltre il 60% della manovalanza. Nel 1999 l'Unesco ha creato un organismo per aiutare la donna a entrare nel mondo della scienza e a questo progetto ha dato il nome "IPAZIA".


Pubblicato da landrù alle 09.33 Link a questo post

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view post Posted on 12/11/2018, 18:39
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Io ho fatto un video su Ipazia se volete vederlo:

 
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